«[…] Fare il medico non è un obbligo, e men che meno fare il medico ginecologo. E tanto basta per abolire come del tutto impoprio l’uso dell’espressione «obiezione di coscienza» a proposito dell’aborto, che si configura semplicemente come una delle prestazioni che il medico ginecologo ha l’obbligo di somministrare, nei termini della legge. La stessa cosa vale nei confronti dei farmacisti che si rifiutano di vendere i farmaci anticoncezionali. Il lavoro che ciascuno di noi si sceglie è allo stesso tempo una scelta di vita per noi e un servizio per gli altri. Se penso che quella professione comporta degli obblighi che contrastano con i miei princìpi, semplicemente scelgo di non farla. Non avrebbe alcun senso, oggi che la leva non è più obbligatoria, che un militare invocasse l’obiezione di coscienza […]».
E, ancora:
«[…] Vi siete mai chiesti perché non si pone il problema dell’obiezione di coscienza per gli avvocati a proposito del divorzio? Per due ragioni: la prima, di buon senso, è che un avvocato può specializzarsi in molti ambiti (proprio come il medico!) e dunque, se vuole, può scegliere di non occuparsi di divorzi così come un medico che non vuole praticare aborti può benissimo scegliere tra decine di altre specializzazioni. Ma temo che la ragione largamente più diffusa sia che i divorzi fanno guadagnare un sacco di soldi. Mentre gli aborti sono persino un ostacolo alla carriera».
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