Ville Venete, da luoghi dell'immaginario a Icone Pop

Ville Venete, da luoghi dell’immaginario a Icone Pop

Ville Venete, da luoghi dell’immaginario a Icone Pop. Il testo completo del mio intervento alla prima Giornata delle Ville Venete

Ville Venete Orizzonti oltre i Confini è il titolo del convegno che si è tenuto al Castello di San Salvatore, Susegana (Tv), sabato 22 ottobre. Il convegno, organizzato dall’Associazione Ville Venete e dall’Istituto Regionale Ville Venete si inseriva all’interno degli eventi realizzati per la prima Giornata delle Ville Venete.

Di seguito trovate il testo integrale del mio intervento che ha aperto la sessione pomeridiana (l’illustrazione che ho utilizzato durante il mio speech è l’opera Pop Shake One dell’artista Davide Zanella). Ne approfitto anche per ringraziare gli organizzatori per l’invito e per aver dato vita a una giornata davvero perfetta.

Ville Venete, da luoghi dell’immaginario a Icone Pop

Reimmaginare il passato per trasformarlo in futuro è la grande sfida del nostro presente. Un presente fluido che ha annullato le distanze e in cui vige la tirannia del “tutto e subito”. Ecco perché, per continuare ad essere luoghi dell’immaginario, le Ville Venete devono diventare ICONE POP. Simboli globali di bellezza e stupore, capaci di parlare l’unica lingua compresa da tutti a qualsiasi età e a qualsiasi latitudine, quella delle emozioni.

Che cos’è una Pop Icon?

Nelle ultime settimane abbiamo assistito alla celebrazione di due grandi icone pop che sono vissute tra il XX e il XXI secolo: sto parlando della Regina Elisabetta II e di Angela Lansbury, due donne che per motivi diversissimi sono entrate nell’immaginario collettivo mondiale. Quando abbiamo saputo della loro morte di colpo ci è sembrato che fosse mancata una di quelle vecchie zie che non vedevamo da tanto tempo ma che, per mille motivi diversi, ricordavamo ancora con affetto. Una di quelle vecchie zie che ci sembrava di conoscere da sempre e che, anche se non ce ne rendevamo conto, faceva un po’ parte della nostra vita.

A questo punto è inevitabile domandarsi: che cos’è un’Icona Pop? E come si fa a diventarlo? Proviamo a fare un elenco al volo delle prime icone pop che ci vengono in mente, poi cercheremo di capire cosa le accomuna: Marilyn Monroe, la pizza, Diego Armando Maradona, Dante, i Beatles, il David di Donatello, il sorriso di Julia Roberts, Mozart, la Coca Cola Pablo Escobar, l’Uomo Ragno, Superman, Cher, la Vespa, James Bond, i Pokemon, il Louvre, Hollywood Boulevard, Don Vito Corleone, Paganini, le ramblas, Samantha Cristoforetti, Jack Kerouac, il riff di Smoke on the water… l’elenco è virtualmente infinito, quindi meglio fermarsi qui.

Nella nostro lunga lista abbiamo citato persone, luoghi, oggetti, libri, canzoni. Mondi apparentemente diversissimi fra loro, eppure tutti accomunati da questa definizione che in Italia abbiamo mutuato dall’inglese: Icona Pop. POP ICON.

Il filo rosso che lega questi mondi così apparentemente diversi è sempre un’emozione che parte da un’immagine, un suono, un ricordo, un sapore, un colore. Ecco che di colpo le sinapsi del nostro cervello si attivano e iniziamo a sentirci sballottati tra ricordi passati e futuri.

Memoria, immagini, emozioni

La chiave di questo processo è la memoria, non importa se volontaria o involontaria: un’icona pop è la promessa soddisfatta di un mondo che ricordiamo o che crediamo di ricordare. Perché alla fine siamo un po’ tutti come Bill Pullman quando, in Lost Highway di David Lynch, dice:

“Preferisco ricordare le cose a modo mio”.

Poco importa se il nostro ricordo è diverso da come sono andate effettivamente le cose.

Ecco perché le tradizionali arti visive prima, e il cinema poi, sono stati determinanti nella creazione delle icone pop contemporanee. Pop icon che oggi viaggiano anche attraverso i video e i reel che escono dai nostri smartphone (o, forse, soprattutto). Del resto l’immagine e i colori prima, le immagini in movimento unite al sonoro poi, sono stati degli incredibili acceleratori nella cultura di massa per la creazione di icone pop.

Oggi siamo letteralmente sommersi di pop icon, anche se molte sono semplicemente delle emulazioni fallite delle vere icone pop, che sono invece le uniche destinate a durare (ma questo è un altro discorso).

Un lungo bellissimo lampo

Un’icona pop infatti non solo è immediatamente riconoscibile, ma è anche rassicurante, è patrimonio condiviso, è memoria di un passato a cui sentiamo di appartenere e promessa di un futuro in cui tutto andrà per il verso giusto. Un’icona pop diventa tale quando riesce ad esprimere, magari anche in maniera inconsapevole, lo Zeitgeist tanto caro a Goethe. E per le Ville Venete è successo proprio questo, perché come ha scritto Hunter S. Thompson in Paura e Disgusto a Las Vegas

ogni tanto l’energia di un’intera generazione si concentra in un lungo bellissimo lampo, per ragioni che sul momento nessuno capisce – e che mai spiegheranno, retrospettivamente, ciò che è veramente accaduto.

E le Ville Venete sono questo lungo e bellissimo lampo figlio della meravigliosa decadenza della Serenissima.

Luoghi dell’immaginario

Oggi le Ville Venete sono sicuramente un luogo dell’immaginario, un punto di riferimento per più di una generazione, ma restano ancora lontane dal grande pubblico. Sì, va bene i matrimoni, i convegni e le feste più o meno importanti. Le Ville Venete però non fanno ancora parte della nostra quotidianità. Del resto le Ville Venete nascono anche come buen retiro, come luoghi deputati a una pausa dalla quotidianità nel segno di quell’otium amato da Orazio e dagli antichi romani

E proprio per questo sono diventati luoghi dell’immaginario, fissati grazie alle loro forme geometriche, ai loro giardini, alle loro stanze nascoste, alle loro storie e ai loro segreti intrisi di fascino. Il passo da luogo dell’immaginario a icona pop è breve, brevissimo. E voglio svelarvi un segreto: questo passo le Ville Venete l’hanno già compiuto.

Consapevolezza e orgoglio

Le Ville Venete sono già una delle grandi icone pop del Veneto e dell’Italia, un vero e proprio simbolo di quel genio italico che nel mondo viene riassunto con l’espressione Made in Italy.

Ma (perché c’è sempre un “ma), se le Ville Venete sono già delle Icone Pop, il problema è che forse ancora non l’hanno capito. Non se lo sono raccontato. Manca la consapevolezza che oggi non basta ripetersi che il campo di gioco è allargato e che le regole non sono più le stesse. Per continuare la loro narrazione pluricentenaria le Ville Venete devono essere consapevoli che non è più un problema di “campo da gioco”, oggi si gioca proprio tutto un altro sport.

Rubo a Grant Morrison, celebre sceneggiatore di fumetti della New Wave britannica nata negli ormai lotani anni ’80, una frase che si adatta perfettamente a questa nuova sfida che attende le Ville Venete. Parlando della sua storica run degli X-Men dei primi anni Duemila Morrison disse:

Questa è una serie pop, essenziale come il nuovo disco di Eminem o l’ultimo film di Keanu Reeves. Possiamo ricongiungerci con la cultura, e l’unico modo di farlo è lasciarci alle spalle l’idea di chi debbano essere i nostri lettori. Se vogliamo riuscirci, dobbiamo offrire qualcosa che i film e i videogame non possono fare. E quello che il pubblico vuole da noi è pura immaginazione.

Pura immaginazione

Per concludere questo breve speech voglio parlare direttamente ai proprietari delle Ville Venete, ovvero a tutte quelle persone che hanno l’onere e l‘onore di portare avanti questo straordinario lascito culturale.

Dimenticate quello che pensiate possa essere il vostro pubblico, i “target” e tutte le altre definizioni studiate a tavolino. Pensate a quello che amate perché anche voi, proprio come il vostro pubblico e come tutti noi, siete sempre alla ricerca di una sola cosa: pura immaginazione.

Ecco allora che oggi, e ancora di più domani, dovrete essere in grado di offrire tutto quello che internet e i social network non riescono offrire: esperienze, sogni, emozioni… pura immaginazione.

Ci sono tanti modi per farlo e sono sicuro che ognuno troverà la sua strada, e so anche che sarà la strada giusta. Lo so perché sono convinto che nessuno ami le Ville Venete come voi, ma anche perché Marcel Proust aveva perfettamente ragione quando, nell’introduzione alla Bibbia di Amiens di John Ruskin, scriveva che

quando si lavora per piacere agli altri si può non raggiungere lo scopo; ma le cose che si compiono per far piacere a noi stessi hanno sempre la probabilità di interessare a qualcuno.

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