Introduzione a La Bibbia di Amiens, citazioni

Introduzione a La Bibbia di Amiens, citazioni

Introduzione a La Bibbia di Amiens di John Ruskin, Marcel Proust (traduzione di Salvatore Quasimodo), citazioni. La Bibbia di Amiens, SE, 1999.

Io penso tuttavia che il critico dovrebbe andare più lontano. Egli dovrebbe tentare di ricostruire quello che poteva essere la singolare vita spirituale dei uno scrittore visitato da realtà così originali – essendo la sua ispirazione la misura nella quale aveva la visione della realtà, il suo genio, la misura nella quale egli poteva ricordarla nella sua opera, la sua moralità infine, l’istinto che, facendogliele considerare sotto un aspetto di eternità (per quanto singolari queste realtà ci appaiano), lo spingeva a sacrificare alla necessità di percepirle, e alla necessità di riprodurle per formare una visione durevole e chiara, tutti i suoi piaceri, tutti i suoi doveri, ed infine anche la sua stessa vita, la quale non aveva ragione di essere se non in quanto essa sola gli poteva dare il modo di entrare in contatto con queste realtà che hanno lo stesso valore che può avere per un fisico uno strumento indispensabile alle esperienze.

Io vorrei suscitare nel lettore il desiderio di andare a trascorrere una giornata ad Amiens in una sorta di pellegrinaggio ruskiniano.

Noi visitiamo il luogo dove un grand’uomo è nato e il luogo dove è morto; ma i luoghi da lui prediletti, la cui bellezza amiamo nei suoi libri, non li abitava egli ancora di più?

Quando si lavora per piacere agli altri si può non raggiungere lo scopo; ma le cose che si compiono per far piacere a noi stessi hanno sempre la probabilità di interessare qualcuno. È impossibile che non esistano persone che non partecipino con piacere a ciò che mi ha dato gioia. Nessuno è originale e, fortunatamente, per la simpatia e la comprensione che sono così grandi gioie della fita, le nostre individualità sono ritagliate in un tessuto universale. Se si sapesse analizzare l’anima come la materia, si vedrebbe che, come nelle cose, sotto l’apparente diversità delle anime non ci sono che pochi corpi semplici ed elementi riducibili e che sostanze molto comuni, che si trovano un po’ dappertutto nell’universo, entrano nella composizione di ciò che noi crediamo essere la nostra personalità.

Ora, per ragioni la cui ricerca soltanto metafisica oltrepasserebbe un semplice studio d’arte, la Bellezza non può essere amata in modo fecondo se la si ama soltanto per i piaceri che essa ci dà. E siccome il ricercare la felicità solo per la felicità non ci porta che alla noia, e per trovare la felicità bisogna cercarla, così il piacere estetico ci è dato in più se noi amiamo la Bellezza per se stessa come qualche cosa di reale che esiste all’infuori di noi e infinitamente più importante della gioia che ci dà.

[…] se la realtà è una e se l’uomo di genio è colui che la vede, che cosa importa la materia nella quale egli la rappresenta? Siano essi dei quadri o delle statue, delle sinfonie o delle leggi o delle azioni?

Non esiste, in senso assoluto, una bellezza completamente falsa, poiché il piacere estetico è precisamente quello che accompagna la scoperta di una verità.

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