Segnalo un post imprescindibile letto su Grafemi, il blog di Paolo Zardi:
[…] E le opere di Delvoye guardano il mondo da una prospettiva inusuale, imprevista, inaspettata; e in questo modo pongono domande ambigue che riguardano la nostra sessualità, la nostra fisiologia – il nostro corpo – e il senso di tutto questo. Le mandibole aperte, i crani bianchi l’uno vicino all’altro, ci ricordano di cosa siamo fatti; la Cloaca ci mostra cosa significa, in concreto, mangiare; e la pelle tatuata dei maiali non ha alcuno dei significati che noi siamo disposti a dare a una pelle umana tatuata; e poiché la rappresentazione oggettiva delle nostre strutture che si intersecano, del nostro stomaco che digerisce, della pelle disegnata, non assomiglia a ciò che chiamiamo amore, vita o bellezza, dobbiamo concludere, per differenza, che esiste qualcosa che l’arte non può rappresentare. L’artista può solo produrre il calco vuoto delle cose, il loro negativo […]
Dovete assolutamente leggere tutto il post di Paolo Zardi direttamente su Grafemi
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