Visione e scenario, presente e futuro del Salone del Libro di Torino
>> estratto tratto da “Torino Fury Road, cronache dal Salone del Libro 2015”, articolo pubblicato originariamente su SugarDAILY, il blog di Sugarpulp
Com’è andato questo Salone del Libro? Che aria si respirava tra gli stand? Che dicono gli editori? E gli scrittori?
Per quanto mi riguarda, il Salone 2015 è andato alla grande, sia da un punto di vista umano che professionale.
Devo dire che in generale invece mi è sembrato un Salone un po’ sotto-traccia, la crisi morde duro e, dopo tutti questi anni, chi non ha saputo reagire soffre molto.
Chi ha avuto il coraggio di sperimentare e di investire ora però raccoglie i frutti di quel lavoro, penso a editori come e/o, Multiplayer.it o Neo., tre realtà che a Torino scoppiavano letteralmente di positività.
Tra una chiacchiera e l’altra sembra poi che gli autori italiani piacciano di più all’estero, con le acquisizioni di diritti nei paesi stranieri che crescono moderatamente.
Credo che per il Lingotto sia però arrivato il momento di ripensare profondamente una fiera che oggi offre poche innovazioni, che è uguale a se stessa da troppo tempo.
Sì, va bene la zona dedicata al food, va bene la zona dedicata al digitale, ma qui c’è bisogno d’altro.
Qui si parla di un lavoro da fare coinvolgendo molto di più gli editori, gli autori, i lettori e tutta la filiera del libro e della scrittura (oggi scarsamente rappresentata a Torino), bloccando la deriva baraccona del buttiamoci dentro tutto così riempiamo gli spazi, cercando piuttosto di strutturare un evento capace di spettacolarizzare davvero la galassia libro.
Se il format resta quello della grande libreria dove sperare di far cassa allora non si va da nessuna parte, oggi i contenuti vanno riportati al centro per essere poi sparati fuori a mille in uno show di fuochi artificiali tipo Morte Nera che esplode.
Per farlo però bisogna programmare, investire, fare scelte precise e, soprattutto, ragionare in termini di progettualità complessa.
Bisogna iniziare a pensare da qui ai prossimi 10 anni e non limitarsi a portare a casa l’edizione 2016 e poi si vedrà.
Visione e scenario devono diventare fondamentali, anche se mi rendo conto benissimo di quanto sia difficile. Ma non credo esistano molte alternative.
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