Federico Ferrazza, vicedirettore di Wired.it, ha scritto un post da standing ovation, roba da 42 minuti di applausi ininterrotti. Il post di intitola 36 cose che ho imparato negli ultimi 3 anni (sui siti di informazione) e andrebbe imparato a memoria da chiunque sia interessato a fare comunicazione online.
E, soprattutto, andrebbe appeso ai muri di tutte le redazioni d’Italia. Il mio consiglio spassionato dunque è di leggervelo tutto, ma vi segnalo alcuni punti che sono a mio avviso davvero fondamentali:
4. Non esiste più (aggiungo: per fortuna) una distinzione netta tra giornalisti, marketing e reparto commerciale. Chi la invoca è fuori dal tempo o semplicemente un/a cretino/a.
5. Il successo di un sito web si basa sulla quantità. Ma non quella degli utenti o delle pagine viste, bensì del fatturato. (Sembro Catalano ma ogni tanto è bene ricordarlo).
7. Bisogna saper alternare contenuti di qualità a contenuti che assicurano quantità. Per fare bene quest’ultimi è necessario essere bravi (se non a altro a pensarli).
10. Rottamare i vecchi tromboni dell’informazione che sostengono che online non bisogna fare titoli didascalici ma accattivanti (Oh, avete notato che in rete ci sono i motori di ricerca e non le edicole!).
14. Se non esistessero Google, Facebook e Twitter e simili, tutti noi faremmo meno traffico e meno soldi. Gli editori che non capiscono questo, invocando un pagamento (di Google, Facebook e Twitter e simili) per i loro contenuti sono fuori dal tempo e dal mercato.
15. Il peso di una homepage nel traffico totale è ridicolo. Diminuirà sempre di più con la crescita dei volumi dei social media e del Seo (l’ottimizzazione per i motori di ricerca).
22. La maggior parte delle persone, online, guarda le figure. E le gallery da millemila foto danno tante soddisfazioni.
28. Gli influencer non influenzano.
30. Il lavoro dei “giornalisti digitali” è misurabile (è un bene), quello dei “cartacei” molto meno (è un male).
36. Sarò la persona più felice della Terra (vabbè, adesso non esageriamo) quando in tutte le redazioni – oltre ai curatori dei contenuti (anche dal punto di vista social) e al reparto (foto)grafico – ci saranno dei programmatori/sviluppatori. Sono fondamentali quanto i primi due, ma è ovvio che servono dei giornalisti in grado di dialogarci (cioè di capire quello che dicono e di fare richieste sensate).
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