Da qualche anno a questa parte (per comodità facciamo circa nell’ultimo triennio) è in atto nel mercato americano un fenomeno silenzioso che continua a mietere vittime. Un genocidio perpetrato in silenzio, e che ha cambiato radicalmente il volto del fumetto di massa USA. La morte delle superstar fumettistiche.
Nel nostro fumetto seriale, la figura della “star” ha un significato relativo. In un mercato polarizzato dalle icone fumettistiche, il nome dell’autore, per usare un eufemismo, non è fondamentale: per esempio, nei fumetti Bonelli, Disney e Astorina, capisaldi storici del fumetto da edicola in Italia, gli autori non sono mai indicati in copertina.
È chiaro che l’uomo della strada sa, almeno a livello di suono, chi siano Sclavi e Galeppini (e pochissimi altri, mi verrebbe da dire). In ogni caso, la differenza di vendite fra i loro albi e quelli di tutti gli altri sconosciuti (sempre per l’uomo della strada) non ha mai rappresentato una discriminante. In Italia, semmai, il nome ha contato (e conta) per quanto riguarda gli autori al di fuori del fumetto ad ampia diffusione. Ma questo serve solo a dimostrare la tesi: i fumetti di massa, quelli da edicola, sono sempre stati fondamentalmente “character-driven”, sia per l’industria, sia per i lettori.
Leggi tutto l’articolo di Tonio Troiani Renato Asiatici su Conversazioni sul fumetto
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