Scrive Aldo Grasso sul Corriere:
«Non ci poteva essere trasmissione più azzeccata per rappresentare il momento che attraversiamo. La notte di Capodanno è servita a Carlo Conti, un perfetto impiegato dell’intrattenimento, per traghettare il pubblico televisivo nel 2012. Tempo di crisi, tempo di divertimenti domestici: e allora via con i Pooh, Antonello Venditti (definito «poeta»), Fausto Leali, i Dik Dik. Via con l’allegria dei veglioni di fine d’anno. […]
I capelli tinti (dei Pooh e di tutti gli altri) sono il simbolo più fatale di un Paese vecchio che finge però di essere giovane, la rappresentazione di un fermo immagine che ci incolla irrimediabilmente agli anni Settanta, un ritaglio di giornale ingiallito che parla di noi. E a nulla servono quei demenziali sms che scorrono in basso per la gioia del consigliere d’amministrazione Antonio Verro e del vicedirettore Antonio Marano presenti a Courmayeur […]». (Il Capodanno di Conti vecchio come il Paese su Corriere.it)
Insomma, roba che neanche il Maestro Canello…
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