Se sento un’altra persona che parla di “nuova” tangentopoli rischio di fare una crisi isterica: ma davvero nessuno si è mai reso conto che in questi anni le tangenti in Italia hanno continuato a prosperare come se niente fosse mai successo? Anzi, una cosa è cambiata, la modalità: prima si rubava per il partito, adesso si ruba soltanto per se stessi.
La mia impressione è che ci troviamo di fronte ad un caso di disonestà intellettuale di proporzioni bibliche: sono convinto infatti che tutti sappiano benissimo che, nel 90% dei casi, quando si lavora con il potere in Italia (ma non solo in Italia, parliamoci chiaro…) bisogna pagare una tangente, volenti o nolenti.
E, attenzione, questo non succede soltanto a livello politico (per questo ho parlato di potere), quando si ha a che fare con chi decide gli acquisti per le grosse aziende, con chi ha in mano i grossi budget da pianificare, con chi ha a dispozione il portafogli aziendale o con chi gestisce appalti e commesse statali la via in moltissimi casi è obbligata: o riconosci una percentuale sottobanco alla persona in questione oppure il lavoro va ad un altro. Chi sostiene il contrario è in malafaede o non si è mai dovuto confrontare con il “mercato” italiano.
Ecco perché questo scandalo per la “nuova” tangentopoli è qualcosa di ridicolo: ma di cosa stiamo parlando? Finché non ci rassegnamo all’idea che per la grande maggioranza del popolo italiano la sfera del privato resta l’unico ambito da difendere e da tutelare, e che quindi qualsiasi posto di lavoro (pubblico o privato) viene concepito soltanto come strumento per l’arricchimento personale e della propria famiglia, allora dobbiamo rassegnarci a restare meravigliati e sorpresi da tante altre “nuove” tangentopoli.
E attenzione a chi professa purezza cristallina, cielodurismo o pretesa superiorità morale: l’Italia non è, putroppo, un Paese per persone oneste.
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