In Italia ultimamente le cose sono un po’ movimentate. Per ultimamente intendo negli ultimi 200 anni, ma diciamo che in questi giorni c’è un po’ più di casino del solito.
Devo dire che le scene pietose a cui abbiamo assistito in Parlamento non mi hanno meravigliato più di tanto: stiamo parlando di un branco di vecchi attaccati in maniera patologica ai loro miseri seggioloni, e già qualche anno fa c’era chi cantava “com’è misera la vita negli abusi di potere”. Se non fosse per il fatto che una parte della mia vita dipende anche da loro mi farebbero solo pena.
Quello che mi ha lasciato perplesso è vedere le manifestazioni che hanno assediato Roma in concomitanza con la fiducia al Governo. Ma più in generale anche tutte le manifestazioni di piazza che si sono susseguite nei giorni della protesta studentesca un po’ in tutta Italia.
Si perchè se dal branco di vecchi di cui sopra mi aspetto atteggiamenti e comportamenti anacronistici e alieni dalla realtà in cui viviamo, da una generazione relativamente nuova e giovane mi sarei aspettato qualcosa di più. Premetto comunque che ho sempre nutrito una profonda perplessità per ogni tipo di manifestazione di piazza di questo genere: citatemi una sola manifestazione che sia riuscita a cambiare qualcosa di concreto e non semplicemente a rassicurare i partecipanti.
Ma quello che mi lascia davvero basito è vedere come non si sia riuscita ad elaborare una forma di protesta alternativa e, soprattutto, utile alla causa (qualunque essa sia).
Gli studenti protestano? Bene, perché allora non decidere di non pagare più le tasse universatarie tutti insieme? Perché non decidere di non acquistare più nessun libro di testo di quelli “caldamente” consigliati dai professori? Perché non decidere di farsi bocciare tutti in blocco ad una sessione di esami? Non lo so, le mie sono idee a caso, ma vogliono rappresentare un malessere verso una forma di protesta inutile anzi, controproducente, perché se la Storia ci ha insegnato qualcosa è che non c’è niente di più semplice che strumentalizzare un corteo di protesta.
Forse tutte le idee che ho elencato sopra fallirebbero perché ci si renderebbe conto che chi segue la protesta è soltanto una minima parte del corpo studentesco. E allora forse si va in piazza perché così si è convinti di essere in tanti, si è convinti di essere tutti uniti contro il male quando invece non ci si rende conto che si è soltanto una piccola percentuale che fa la voce grossa, e buonanotte alla democrazia. Faccio un esempio spannometrico: a Padova l’Università conta qualcosa come 80mila studenti, se non di più. Se solo il 50% avesse aderito alla protesta sarebbero stati una massa critica capace di qualsiasi cosa. Non mi risulta che le cose siano andate così anzi, ci si è limitati al solito cliché dell’occupazione delle solite facoltà, qualche misera manifestazione di piazza e buonanotte. Tutti esaltati perché siamo i protagonisti della lotta alla Riforma e poi vi ritrovate tutti sempre con il solito cazzo in mano: il vostro. Serve a qualcosa? Non credo.
Che poi mi sta anche bene il discorso “ok, facciamo la rivoluzione”, ma allora ditelo e vaffanculo. Tirate fuori le palle e fate ‘sta cazzo di rivoluzione. Alzate le barricate, entrate in clandestinità, fate quello che cazzo volete ma fate la rivoluzione!
E attenzione che questo non vale soltanto per gli studenti, vale ancora di più per i lavoratori, per tutti quelli che sono ancora convinti che “scendere in piazza” non solo serva a qualcosa, ma che addirittura sia uno strumento di democrazia. Non è vero. Non serve a niente. La cronaca di questi ultimi anni ci ha insegnato che anzi è addirittura controproducente.
Ed è soprattutto la Sinistra a non capirlo, dato che continua a farsi le seghe in Piazza dicendo l’Italia siamo noi e cazzate varie senza rendersi conto che invece l’Italia è un’altra, senza capire che puoi anche riempire una piazza con un paio di milioni di cristiani ma se poi alle elezioni non vinci sei punto a capo. Perché non devi convincere chi viene in piazza, quello è già un tuo elettore a prescindere. Che poi finiamola con la retorica della piazza: chi partecipa ad eventi di questo tipo nella migliore delle ipotesi ha la stessa consapevolezza politica di chi va ad un concerto di Vasco a San Siro o all’adunata padana a Pontida. E’ una regola da cui non si scappa: in più si è e in meno si pensa, a prescindere dal colore. Si manifesta in piazza per sentirsi parte di un popolo, per senso di appartenenza, per tutto quello che volete voi, ma per tutte cose che il mio amico Mr. Wolf definirebbe “farsi i pompini a vicenda”.
Organizzare una manifestazione di piazza da un punto di vista politico ha lo stesso effetto di una campagna lanciata su facebook, quelle per intenderci in cui si scrivono cazzate del tipo “condividi questa frase scartata dai baci perugina per aiutare i malati terminali di cancro allo sfintere”. Tutta roba che non vale niente.
E allora agli studenti dico di protestare, di urlare la loro rabbia, ma di farlo in modo innovativo, concreto, senza offrire al “nemico” il fianco a strumentalizzazioni fin troppo facili. Se no significa che ancora non ci si riesce a liberare dagli stereotipi che hanno mandato a puttane buona parte di questo Paese, significa che a vent’anni siete già vecchi dentro e ragionate allo stesso modo di quel branco di vecchi di cui sopra (di nuovo). Tutta gente che ha fatto la “piazza vera”, quella in cui i morti si contavano uno al giorno, e che continua a ripetere gli stessi schemi mentali anche adesso che ha sessant’anni e il culo al caldo.
Che poi francamente mi sono anche rotto le palle di tutti questi filmati caricati su Youtube che vorrebbero dimostrare che Mister X è un poliziotto in borghese infiltrato, che lo studente Mirco ha vandalizzato una vetrina, che il celerino Toni è cattivo e manganella i bambini o che addirittura lo studente Bepi in realtà è il capo della Digos… ma chi se ne sbatte! Se nel 2010 ancora non avete capito che organizzare una manifestazione del genere equivale a fallire completamente lo scopo che ci si era prefissi allora non avete capito niente, siete persone che vivono fuori dal mondo e che non riescono a dialogare con la realtà. Chi se ne frega di sapere se è nato prima l’uomo o la gallina, se è stato prima Pierino a lanciare i sassi contro le vetrine o se invece è stato Loris il primo a manganellare il povero studente inerme. Sono tutte chiacchiere. Ma credete veramente che un Governo ritiri un progetto di legge perchè il giorno prima siete scesi in piazza? Ma quando mai? In Italia poi, dove l’opinione pubblica non è mai contata un cazzo…
Credo che organizzare manifestazioni del genere sia il vero segnale della sconfitta, l’abdicare alla possibilità di poter cambiare le cose, il rassegnarsi alla sconfitta sempre e comunque. E se ancora non l’avete capito voi che rappresentate il futuro stiamo davvero inguaiati. Avete vent’anni, cercate di ragionare come persone di vent’anni e non come facevano i ventenni di quarant’anni fa. Occupare una scuola aveva senso (forse) ed era cool nel 1968, già quando l’ho fatto io era tutta una cazzata (divertentissima, per carità, ma questo è un’altro discorso). Possibile che nessuno abbia ancora capito che avrebbe molto più senso occupare in maniera pacifica la Case del Grande Fratello? O il Teatro Ariston durante il Festival? O magari San Pietro? Insomma di cose da fare ce ne sono, fatevele venire voi le idee che c’avete vent’anni.
Andare in piazza con il casco in testa sentendosi il paladino della libertà è una cazzata, non porta a niente e ti mette sullo stesso piano di chi ti manganella (magari pure legittimamente), anzi ti fa pure passare per stronzo agli occhi dell’opinione pubblica. E che tristezza vedere gente che a quarant’anni ancora non l’ha capito…
P.S.
Per non parlare delle puttanate scritte oggi da Saviano, con tanto di repliche ideologice moralisticheggianti rimbalzate da una parte all’altra della rete… ma vaffanculo!
Rispondi