Massimo Carlotto, padovano, è tornato in libreria in questi giorni con “L’amore del bandito”. A dieci anni esatti di distanza dallo splendido “Nessuna cortesia all’uscita” ritroviamo Marco Buratti, l’Alligatore, detective privato senza licenza che si muove in un Nord Est che puzza decisamente di marcio. Carlotto, che con le sue storie e i suoi personaggi indimenticabili è diventato uno degli scrittori di noir più letti ed amati d’Europa, è senza dubbio uno dei padrini spirituali del movimento Sugarpulp: non potevamo quindi non approfittare del suo nuovo libro per fare quattro chiacchiere con lui.
L’INTERVISTA:
– Massimo, il ritorno dell’Alligatore è coinciso con il tuo ritorno a Padova: ne “L’amore del bandito” però Marco Buratti, dopo due anni di lontananza da Padova, sembra quasi non riconoscere più la sua città: è la stessa sensazione che hai provato tu in questo ultimo periodo?
Ho voluto soprattutto evidenziare il senso di disorientamento che colpisce molta gente nel Nordest, dovuto alla difficoltà di riconoscersi in un territorio sempre più investito da fenomeni di crisi sociale ed economica che rendono difficoltosa, complicata e triste l’esistenza. La marginalità di Buratti è un punto di vista privilegiato per raccontare questa realtà che non coincide più di tanto con il mio ritorno a Padova, città che di fatto non ho mai abbandonato.
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