Ritchie Blackmore’s Rainbow 2016, live in Bietigheim-Bissingen. Cronaca di un concerto storico in quel di Germania.
Ritchie Blackmore torna a suonare elettrico dopo quasi 20 anni dedicati alla musica rinascimentale e noi si va in Germania per l’occasione (e di questo abbiamo già detto). Alla fine della fiera ne è valsa la pena? Assolutamente sì, ora vi racconto perché.
Organizzazione teutonica da urlo
Per prima cosa parliamo dell’organizzazione: siamo Bietigheim-Bissingen, ridente cittadina del distretto di Ludwigsburg, a una cinquantina di km da Stoccarda. Arena molto suggestiva sotto ad un enorme viadotto in stile romano con circa 25 mila persone. Vi butto là una serie di dati: parcheggi gratuiti, 2 poliziotti intravisti in tutta la giornata, zero bicchieri di plastica per terra, zero bottiglie per terra, panini a 3.50 euro, ettolitri di birra spinati come se non ci fosse domani, zero problemi all’ingresso con tutti che rispettano la coda in allegria. Naturalmente zero bagarini, zero abusivi fuori dall’arena (e magliette che costavano circa 10 euro in meno a quanto si pagano qui quelle ufficiali), stand enogastronomici etnici di ogni tipo.
Per me che ero alla prima esperienza di questo tipo in Germania è stato qualcosa di incredibile: ma perché in Italia non riusciamo a fare le stesse cose? Resta un vero mistero. Fatto sta che c’era gente venuta dall’Italia, dalla Spagna, dalla Grecia, dalla’Inghilterra e perfino dal Giappone solo per poter sentire Ritchie Blackmore, giusto per capire il livello di amore per quest’uomo. Tutto bellissimo, ma il concerto com’è stato?
Monsters Of Rock
Gran palco per un redivivo Monsters Of Rock, marchio creato dallo stesso Blackmore nel 1980 e rispolverato per l’occasione. Si parte con i Thin Lizzy o, meglio, con la tribute band dei Thin Lizzy. Un’ora bella tirata grazie ad ottimi musicisti di quella che appunto potremmo definire una tribute band di turnisti lusso con membri vari di Aerosmith (Tom Hamilton), Judas Priest (Scott Travis) e The Almighty (Ricky Warwick). Spazio poi alla Manfred Mann’s Earth Band, gruppo storico che ha dimostrato una gran classe ma che personalmente mi ha un po’ annoiato.
Nel frattempo sale la scimmia per gli Rainbow che alle 20.57 esatte salgono sul palco.
We must be over the rainbow!
Il classico tema del Mago di Oz introduce la band e, quando Ritchie si presenta con il suo storico cappello da Wizard la gente non ci capisce più un cazzo. Nonostante tutto l’inizio è un po’ loffio perché Highway Star non parte sparata ma con una sorta di dialogo tra Ronnie Romero (cantante) e il pubblico, e anche la sezione ritmica non va al massimo. Io comunque stavo piangendo, giusto per farvi capire il mio livello di obiettività. Segue a bomba Spotlight Kid, ma il concerto esplode davvero con Mistreated in cui Ritchie dimostra di essere ancora il più grande di tutti. E giù lacrime anche su Mistreated…
Evito di tediarvi con il racconto di ogni singolo pezzo, in rete trovate decine di resoconti dettagliati. Personalmente sono rimasto di sasso ascoltando Stargazer, un brano ipnotico e dalla carica evocativa immensa. I brani che mi hanno emozionato di più comunque sono stati Perfect Stranger, Catch The Rainbow e, naturalmente, Smoke on the Water.
Come ha suonato il Maestro?
Sì perché alla fine eravamo lì tutti per lui. Il fan vi direbbe che Blackmore ha suonato come ha sempre fatto, e cioè senza compromessi. Al netto di una sezione ritmica forse poco adatta per questo tipo di musica, Blackmore ha continuato la strada intrapresa negli ultimi anni con arrangiamenti non sempre azzeccatissimi e con suoni molto puliti, pure troppo. Dimenticate il suono spettacolare dei monumentali California Jam e Live in Munich ’77. Anche nei pezzi più tirati sembrava quasi che Blackmore avesse rinunciato alla distorsione, come se usasse giusto un po’ di crunch aiutato poi dai volumi molto alti. Per questo come ha fatto notare su Facebook Daniele Purrone (uno che di musica purple ne sa davvero a pacchi) più che un concerto degli Rainbow questo è stato un concerto dei Blackmore’s Night in elettrico con Ronnie Romero alla voce.
Per il resto Blackmore ha sempre un tocco incredibile unito ad una venatura di follia che lo rende totalmente imprevedibile: due ore di chitarra solista fatte di fraseggi, riff, improvvisazioni, lampi di genio, qualche stecca e qualche passaggio a vuoto. Ritchie Blackmore insomma, ovvero il più grande chitarrista di tutti i tempi.
Ronnie Romero, la vera sorpresa della serata
E il resto della band? Luci e ombre. La sezione ritmica (soprattutto la batteria) non sempre è stata all’altezza, mentre le tastiere di Jens Johansson mi sono piaciute molto per quanto riguarda le ritmiche, un po’ meno negli assolo. Tutto era comunque molto minimal sul palco, forse un po’ troppo, soprattutto per la batteria che ha faticato non poco a tenere in piedi la baracca. Tutto coerente comunque con le scelte di Blackmore, su questo c’è poco da dire.
Altro discorso invece per Ronnie Romero, la vera sorpresa della serata. Raramente in vita mia ho sentito cantanti del genere. Una voce pazzesca che riesce a variare timbro con una naturalezza incredibile interpretando in maniera stellare un brano come Child in Time (peccato che l’assolo di Ritchie non sia stato altrettanto riuscito). Ronnie Romero ha convinto tutti con un’interpretazione superba, lasciando il pubblico a bocca aperta soprattutto per la semplicità e la naturalezza con cui stava sul palco, soprattutto su quel palco che automaticamente faceva pensare a cantanti leggendari come Ian Gillan, David Coverdale, Glenn Huges e Ronnie James Dio…
Un grande rito pagano.
In definitiva il Monsters Of Rock di sabato scorso è stato un gran concerto, al netto dei “sì però non hanno fatto Burn e Soldier of Forune”, “ma Ritchie ha suonato troppo light”, “bello però qualche stecca”, “cavoli com’è invecchiato”… Un grande rito pagano che ha riunito una tribù che si è data appuntamento da tutto il mondo per celebrare la magia del rock e dei ’70. Una grande messa laica inondata da fiumi di birra con migliaia di persone felici di condividere un pezzo di vita.
Alla fine resta soltanto una cosa da dire: Long Live Rock & Roll!
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