I tuoi dati personali non valgono una cippa, ovvero un punto di vista diverso sul casus belli Facebook/Cambridge Anal7tica.
Questa cosa del presunto “furto” dei dati personali di millllllioni di utenti sta un po’ sfuggendo di mano (che si tratti di un furto infatti non solo è tutto da dimostrare).
Ancora nessuno che dica che il dato personale di ognuno di noi non serve e non vale una mazza se non aggregato ai dati di altri milioni di persone.
E nessuno che abbia il coraggio di dire che i nostri dati aggregati e utilizzati bene ci portano ad avere servizi migliori, perché altrimenti si dovrebbe ammettere che i meccanismi che muovo le nostre scelte quotidiane sono più o meno quelli delle scimmie urlatrici, come è sempre stato, peraltro (no dai, qualcuno che lo dice c’è).
Il liberismo sfrenato e i Big Data sono quindi arrivati lì dove Stalin, Fidel e soci avevano clamorosamente fallito, ovvero nel creare una sorta di comunismo reale in cui il singolo non vale una cippa se non “aggregato” agli altri.
Anche se tutto ‘sto casino a me sembra tanto l’urlo matto e disperatissimo di chi non vuole accettare di aver perso la partita quando fino a ieri non solo era padrone del pallone, ma anche del campo e dello stadio.
P.S.
Adesso è una tragedia perché lagggente decide e vota in base a Facebook e “di pancia”, mentre una volta urlavano tutti “Barabba!” perché erano preparati a fondo su che parere esprimere e non si sarebbero mai sognati di esprimere opinioni a cazzo.
Che bello vedere che migliaia di anni di storia e di letteratura non sono serviti a una cippa!
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